5.600, per l’esattezza, i nuovi casi di tumore alla vescica nelle donne ogni anno. In Italia, sono 57 mila le diagnosi femminili totali ed è stata riconosciuta una causa scatenante su tutte: il fumo. Esso è riconosciuto tra i principali fattori di rischio insieme a inquinanti ambientali e sostanze sintetiche tossiche.
Sigarette e tumori: dualismo continuo
Anche la salute intima delle donne viene messa pericolosamente a rischio dalle sigarette e dal fumo: sono le vie uroteliali superiori e la vescica a risentirne maggiormente. 57 mila le donne colpite contro i 212.000 uomini secondo l’ultimo report Airtum (Associazione Italiana Registro Tumori) per un totale complessivo di 269.000 casi, ma le stime sono in crescita. Si è notato come le donne fumatrici siano esposte 4-5 volte in più rispetto alle non fumatrici.
La difficoltà a diagnosticare il tumore in modo precoce è sempre più marcata: spesso infatti la sintomatologia “subdola” mischia le carte e non dà un quadro chiaro della situazione immediatamente. Crisi emorragiche e l’aumento della frequenza urinaria da urgenza sono due dei sintomi più diffusi e pericolosi.
“Spesso la ‘scoperta’ è tardiva – spiega Walter Artibani, professore di Urologia e Segretario generale della Società Italiana di Urologia (Siu) – a causa di fattori confondenti, in primo luogo la sottostima sia da parte della paziente che del medico delle cistiti emorragiche, le quali invece, così come qualsiasi altro episodio di ematuria macroscopica, anche episodico, non vanno mai banalizzate. Anzi, sono meritevoli di approfondimento diagnostico con ecografia addominopelvica, citologie urinarie e cistoscopia a seconda dei casi. Ovvero indagini che permettono di escludere la presenza di un tumore vescicale e/o di arrivare a una diagnosi precoce cui è legata una prognosi migliore e maggiori possibilità terapeutiche, anche conservative. Oltre alle cistiti emorragiche non vanno sottovalutati i disturbi persistenti di ‘sindrome da urgenza’ che aumentano il bisogno ‘impellente’ di urinare spesso”.
Possibilità di cura
L’astensione o la cessazione dal fumo sono le prime azioni protettive e preventive anche per questo genere di tumori, anche se tra le ex fumatrici le probabilità di contrarlo non svaniscono prima di 15 anni. Si tratta di un periodo abbastanza lungo, che continua a testimoniare la dannosità del tabacco sulla salute in generale.
“A seconda della tipologia di malattia – aggiunge Artibani – anche il trattamento sarà differente: le forme superficiali sono piuttosto ‘noiose’, perché tendono a recidivare richiedendo, quindi, valutazioni e trattamenti plurimi nel corso degli anni, ma non pericolose in quanto, se ben trattate, raramente progrediscono. Di norma per la cura delle forme superficiali si ricorre a metodiche non invasive con resezioni endoscopiche seguite, su necessità, da instillazioni vescicali con chemioterapici a base di mitomicina o immmunoterapia. Mentre le forme infiltranti muscolo invasive, piuttosto aggressive, richiedono trattamenti tempestivi, invasivi ed integrati. La terapia standard prevede l’asportazione della vescica e dei linfonodi e quindi una derivazione urinaria, o esterna (la cosiddetta stomia con sacchettino) o mediante la ricostruzione di una neovescica. Ogniqualvolta possibile è indicata e vantaggiosa una chemioterapia sistemica preoperatoria neoadiuvante a base di cisplatino o in casi selezionati la terapia trimodale che consiste nella resezione endoscopica massimale associata a chemioterapia sistemica e radioterapia. Quest’ultima soluzione, di cui vi sono diverse evidenze di efficacia, va valutata da un gruppo multidisciplinare formato da un urologo, oncologo e radioterapista. Infine, recentemente si sono aperte nuove speranze di cura anche per i tumori vescicali metastatici nei quali la moderna immunoterapia, in casi selezionati, sembra dare risultati prima insperati”.
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