Secondo uno studio condotto dall’Università di Washington su un modello animale e successivamente pubblicato dall’American Journal of Obstetrics & Gynecolgy, esiste una correlazione tra infezioni del feto e attività dei geni responsabili del corretto sviluppo del cuore.
La ricerca ha messo in evidenza come, durante l’età adulta, aumenti il rischio cardiaco nei bambini nati prematuramente.
Proprio la coordinatrice di tale analisi, Kristina Adam Waldorf, ha sottolineato che lo studio “definisce i network genetici alterati da infezioni e infiammazioni e che influiscono sul normale sviluppo del cuore”. Inoltre, risultano innegabili i rischi a lungo termine di una nascita precoce: “Non riguardano solo polmoni e cervello ma anche vista, udito, reni e persino il cuore”.
In poche parole, in base allo studio dei ricercatori, il feto che entra in contatto con infiammazioni e infezioni potrebbe imbattersi in problematiche legate al corretto sviluppo dell’organo cardiaco, causando aritmie e attacchi cardiaci con l’avanzare dell’età.
L’animale al centro dello studio scientifico è stato il macaco, nonché l’esemplare più vicino al genere umano in termini di gravidanza. I macachi sono stati sottoposti ad alcuni ceppi batterici (in particolare, streptococco B ed Escherichia coli) che potrebbero determinare delle nascite premature. Successivamente, i ricercatori hanno messo a paragone i tessuti fetali degli animali sottoposti a tali esperimenti con quelli che presentavano dei tessuti cardiaci sani.
In questo modo si è riusciti a rendere noto che i molti geni legati alla formazione del muscolo cardiaco e dei vasi sanguigni o sono legati al rischio di insorgenza di patologie cardiache, hanno modificato la loro struttura nel momento in cui sono entrati in contatto con l’infezione.
Inoltre, i ricercatori hanno affermato che «Dobbiamo capire in che modo i batteri invadono l’utero e causano il parto prematuro, in modo da sviluppare terapie per impedire che il feto venga infettato. Bisogna in particolare arrivare allo sviluppo di un vaccino efficace contro lo streptococco B».
L’intento è, quindi, quello di trovare in futuro degli antibiotici e degli antinfiammatori in grado di diminuire i danni e tutelare il feto, fino all’età adulta.
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