La gravidanza è sempre stata vista come un ostacolo per le donne affette da sclerosi multipla, ma, negli ultimi anni, è stata rivalutata questa posizione.
Così, oltre a sostenere le donne che decidono di avere un figlio, nonostante la malattia, adesso si tende a incoraggiarle anche sull’allattamento al seno, dato che non esistono evidenti controindicazioni.
Anzi, attenersi alla buona norma dettata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (ossia allattamento per i primi sei mesi e, preferibilmente, fino ai 2 anni) porterebbe a una riduzione della possibilità di un peggioramento della malattia.
È ciò che si evince da uno studio realizzato da cinque ricercatori californiani e pubblicato sulla rivista Jama Neurology. Secondo quanto scoperto dall’analisi di 24 studi realizzati tra il 1980 e il 2018, su un campione di 3000 donne, si è messa in evidenza la riduzione delle recidive post-partum della sclerosi multipla.
Infatti, si è assistito a una riduzione del 37/43% della riacutizzazione della malattia, soprattutto a seguito di un allattamento di almeno due mesi: i benefici sono stati evidenti fino ai sei mesi successivi al parto.
Secondo Kristen Krysko, ricercatrice del Dipartimento di Neurologia dell’Università della California, “sulla base di queste evidenze, le donne con questa malattia dovrebbero essere incoraggiate ad allattare in maniera esclusiva il proprio bambino, quando possibile”.
A livello fisiologico, il benessere sarebbe da ricercare nell’oscillazione di determinati ormoni, tra cui l’aumento della prolattina e la soppressione del GnRH e dell’LH.
A tal proposito, la neurologa Lucia Moiola, responsabile del Centro Sclerosi Multipla del San Raffaele di Milano, afferma che “È la conferma che le giovani pazienti con la sclerosi multipla devono vivere come le coetanee, senza troppe preclusioni. Questo risultato conferma un effetto protettivo determinato dall’allattamento al seno”.
Inoltre, pare che i neonati allattati al seno presentino una percentuale inferiore di possibilità di contrarre la sclerosi multipla negli anni successivi.
L’Istituto Superiore di Sanità, infine, tiene a precisare che “la decisione se allattare o meno deve essere assunta di concerto, tra la donna e lo specialista di riferimento. Il livello di rischio di ricadute dovrebbe essere valutato in base allo stato di salute di ogni singola paziente, tenendo conto delle sue condizioni cliniche durante l’anno precedente e il periodo della gravidanza”.
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