Durante la gravidanza può succedere che l’impianto dell’embrione si verifichi all’interno di sedi differenti dall’utero: tale situazione prende il nome di gravidanza extrauterina.
La gravidanza extrauterina si manifesta all’incirca nel 3% di tutte le gravidanze, con casi più frequenti nelle donne con età superiore ai 40 anni.
Secondo il NICE (National Institute Clinical Excellence), la sede dell’impianto è rappresentata dalle tube di Falloppio (gravidanza tubarica), dalle ovaie e – in casi più rari – dall’addome (gravidanza addominale).
Le cause della gravidanza extrauterina sono spesso poco chiare.
Nella maggior parte dei casi, vengono favorite da malattie come l’endometriosi, dall’assunzione di alcuni farmaci, da alterazioni ormonali o da infezioni (come le “salpingiti”) che colpiscono le tube di Falloppio.
I primi sintomi di gravidanza extrauterina si manifestano – generalmente – dopo la quinta settimana dal concepimento, attraverso: assenza di mestruazioni, mal di pancia e mal schiena, nausea o tensione al seno.
Con l’avanzamento della gravidanza – poi – possono comparire perdite di sangue (spesso confuse con mestruazioni) e aumento del mal di pancia, dovuto alla dilatazione della tuba.
In caso di peggioramento dei sintomi (eccessivo sanguinamento, mal di pancia insopportabile) è consigliato recarsi al Pronto Soccorso: potrebbe, infatti, essersi verificata una rottura della tuba.
Per accertare la presenza di una gravidanza extrauterina si effettua l’ecografia, che consente di osservare la posizione dell’embrione nell’utero e il dosaggio nel sangue del beta HCG, un ormone prodotto dalla placenta.
I livelli del beta HCG (chiamato anche “gonadotropina corionica”) tendono a raddoppiarsi ogni 48-72 ore in caso di gravidanza normale. In caso di gravidanza extrauterina, invece, crescono molto lentamente.
Circa il 70% delle gravidanze extrauterine si interrompe con un aborto spontaneo nelle prime quattro settimane.
Se la diagnosi – invece – viene effettuata prima della quarta settimana, si configurano tre scenari:
•“Vigile attesa”: controlli ravvicinati (esami del sangue, ecografie), attendendo l’aborto spontaneo, nel caso in cui la paziente non presenti perdite di sangue o dolori e le ecografie evidenzino una camera gestionale stabile;
•Terapia medica: somministrazione del metotrexate, un farmaco che ha l’obiettivo di bloccare la crescita dell’embrione. Il metotrexate è, però, vietato per le donne che soffrono di problemi renali e viene somministrato esclusivamente in caso di assenza dei cosiddetti “segnali di allarme” (perdite di sangue o dolori);
•Intervento chirurgico: indicato nei casi di gravidanza extrauterina dove la paziente non abbia la possibilità di assumere la terapia medica, oppure nei casi in cui quest’ultima non abbia sortito gli effetti sperati.
Per concludere, è bene sottolineare come – subito dopo una gravidanza extrauterina – sussistano molte possibilità affinché una donna possa rimanere ancora incinta.
Infatti, le gravidanze extrauterine che si sono concluse con un aborto spontaneo e senza alcun danno alle tube non comportano problemi di fertilità.
Rimane viva – comunque – la possibilità (di circa 4 volte) per le donne che hanno già avuto una gravidanza extrauterina, di averne un’altra.
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